Dalle tribune alle passerelle: l’evoluzione delle maglie da calcio come icone fashion
È sorprendente pensare come una semplice maglia da calcio – nata per distinguere squadre in campo – sia diventata oggi un capo di moda cult. Eppure è accaduto: la divisa da gioco ha vissuto una metamorfosi culturale, passando dal rettangolo verde ai guardaroba degli appassionati di stile. Un tempo solo i tifosi più fedeli osavano indossarla fuori dallo stadio; oggi invece persino celebri fashion icon come Chiara Ferragni e Kim Kardashian sfoggiano maglie calcistiche nella vita quotidiana. Questa evoluzione non è frutto del caso, ma il risultato di un lungo processo in cui sport e moda si sono intrecciati sempre di più. Non a caso, negli ultimi anni grandi stilisti e maison hanno collaborato con i brand sportivi per disegnare casacche sempre più ricercate, elevando la jersey da semplice uniforme a oggetto di design. Il fenomeno è talmente diffuso che ha guadagnato anche un nome sulle piattaforme social: Bloke Core, la tendenza di indossare maglie da calcio come streetwear quotidiano.
La collisione tra moda e calcio: dalle sponsorizzazioni alle passerelle
Le maglie da calcio hanno iniziato a trasformarsi in pezzi di stile già dagli anni ’80, complice l’introduzione di grafiche audaci, colori sgargianti e loghi di sponsor che spesso diventavano parte integrante dell’estetica. In Italia, per esempio, l’ingresso di sponsor commerciali sulle divise ha regalato combinazioni d’immagine rimaste nel cuore dei tifosi. Pensiamo alla maglia del Napoli di Maradona: un blu semplice ed essenziale, esaltato dall’iconico sponsor Buitoni sul petto, che è diventato “l’emblema assoluto” dell’identità visiva del club partenopeo. Allo stesso modo, l’AS Roma degli anni ’80 e ’90 legò indissolubilmente il proprio stile al marchio Barilla: le divise giallorosse di quel periodo, impreziosite dal logo Barilla e dal celebre lupetto disegnato da Piero Gratton, emanavano un’eleganza sportiva tale da essere ricordate come icone intramontabili. Roma 1992/93, in particolare, ha fatto storia al punto che il suo design è stato ripreso e celebrato trent’anni dopo, con una riedizione contemporanea firmata Adidas. Non stupisce quindi vedere oggi quelle stesse maglie nelle collezioni dei nostalgici e dei collezionisti, esposte come reliquie di un’epoca d’oro.
Due calciatori della Roma nei primi anni ’90 indossano la classica maglia giallorossa con sponsor Barilla, un design tornato talmente in voga da essere riproposto in chiave moderna a decenni di distanza.
Parallelamente, l’industria della moda ha iniziato ad attingere dall’immaginario calcistico. Club blasonati e grandi stilisti hanno incrociato le loro strade: Off-White ha disegnato divise per il Milan, Giorgio Armani ha firmato una maglia speciale per il Napoli, la Roma ha coinvolto Fendi come fashion partner. E ancora: il Paris Saint-Germain è entrato nel mondo streetwear con Jordan Brand, e altre collaborazioni – da Balenciaga con Adidas a Gucci con l’NBA – testimoniano un dialogo continuo tra atelier e stadio. Questa collisione tra mondi un tempo distanti ha consacrato la maglia da calcio come capo ambíto anche fuori dal tifo, indossato per puro gusto estetico. Nel 2023 abbiamo visto influencer e star internazionali sfoggiare divise vintage come fossero haute couture: l’americana Kim Kardashian paparazzata con la maglia giallorossa della Roma stagione ’97-’98, o la top model Emily Ratajkowski con i colori del Napoli celebrando uno scudetto imminente. Segni dei tempi: ciò che un tempo era simbolo di appartenenza sportiva, oggi è statement di stile e appartenenza culturale pop.
Design iconici: dal campo alla cultura pop
Se alcune maglie sono divenute oggetti di moda lo si deve anche ai loro design audaci e innovativi, capaci di imprimersi nell’immaginario collettivo. Gli Europei del 1988 regalarono al mondo uno degli esempi più lampanti: la maglia dell’Olanda 1988, color arancio acceso, decorata da un mosaico geometrico sfumato che all’epoca appariva futuristico. Quel motivo a triangoli sovrapposti – quasi un’opera d’arte tessile – suscitò reazioni contrastanti persino tra i protagonisti in campo: il capitano Ruud Gullit, ad esempio, inizialmente la paragonò ironicamente a “scaglie di pesce”. Eppure col tempo quella divisa è stata rivalutata come un autentico gioiello di design sportivo, tanto da diventare un “graal” per i collezionisti di maglie vintage. Emblematica è anche la maglia della Germania Ovest di Italia ’90: il candido fondo bianco attraversato sul petto dai colori della bandiera tedesca in un motivo astratto e dinamico. Un design audace ma perfettamente riuscito, capace di valorizzare il tricolore tedesco senza tradire la sobrietà teutonica. Il fatto che quella divisa accompagnò la Germania alla vittoria mondiale non fece che accrescerne la leggenda, fissandola nella memoria di milioni di tifosi. Ancora oggi, quella maglia firmata Adidas del 1990 è considerata un classico intramontabile, spesso imitato ma mai eguagliato, al punto che lo stesso schema grafico è stato ripreso più volte in collezioni rétro e streetwear.
Giocatori della Germania Ovest festeggiano nel 1990 con indosso la celebre maglia Adidas ispirata alla bandiera tedesca, un design diventato un classico istantaneo oltre la vittoria sportiva.
Negli anni ’90 l’esplosione creativa toccò anche i club, generando maglie così particolari da travalicare i confini del tifo e diventare icone pop. Un caso emblematico è la maglia away dell’Arsenal 1991-1993, meglio nota come la “bruised banana”. All’epoca il suo pattern giallo con striature diagonali blu scuro – che ricordava appunto la buccia di una banana ammaccata – fece storcere il naso a molti tradizionalisti, ma col senno di poi si è trasformato in un cult. Quella divisa, indossata da campioni come Ian Wright nei primi anni della Premier League, è oggi ricordata come “uno dei design più memorabili che il calcio abbia mai visto”, inizialmente deriso ma rapidamente entrato nello status di culto presso i collezionisti. L’eccentricità di quella maglia Adidas, con lo sponsor JVC in rosso sul petto, è diventata col tempo sinonimo di un’era calcistica vivace e creativa, tanto che l’Arsenal e Adidas hanno più volte omaggiato quel motivo in collezioni moderne per i tifosi.
La famigerata maglia away 1991-1993 dell’Arsenal, soprannominata “bruised banana” per il suo pattern unico, inizialmente divisivo ma poi venerato dagli appassionati e spesso riproposto in chiave vintage.
In Italia, lo stile delle maglie anni ’90 ha raggiunto vette iconiche grazie a marchi come Kappa, Lotto o Umbro, che sperimentarono con design e materiali audaci. La Juventus targata Kappa, ad esempio, dettò legge in fatto di look: le divise bianconere di metà anni ’90 sfoggiavano per la prima volta il celebre tape con il logo Omini Kappa lungo le maniche, un elemento grafico mutuato dallo streetwear dell’epoca, che donava alla maglia un’aria immediatamente riconoscibile. Quelle Juventus di Del Piero e Zidane – protagoniste di un’era d’oro – indossavano casacche che oggi consideriamo vintage di culto, tanto che la loro estetica è stata letteralmente portata in passerella. Nel 2025, infatti, il brand giapponese Sedan All-Purpose ha lanciato una capsule collection ispirata proprio agli iconici kit Kappa anni ’90 della Juve, riprendendone colori e motivi per creare abiti contemporanei. È il segno di quanto quelle maglie abbiano fatto scuola: l’heritage calcistico juventino è divenuto linguaggio fashion globale. Ma la Juve non è sola in questo trend nostalgico. Un altro esempio arriva da Buenos Aires: la maglia del Boca Juniors – blu con la larga banda orizzontale gialla – è rimasta praticamente immutata nei decenni, al punto da diventare essa stessa un simbolo culturale. Il modello realizzato da Adidas nel 1981-82, indossato da un giovane Diego Armando Maradona, è ricordato come uno dei picchi estetici del calcio sudamericano: una divisa semplice e al tempo stesso unica, con quella striscia gialla e le stelline del club sul petto, immediatamente associata nell’immaginario al Boca e ai suoi trionfi. Ancora oggi, indossare quella maglia – o le sue repliche rétro – significa richiamare alla mente non solo un club glorioso, ma un’attitudine di stile fieramente popolare e genuina, che dalle curve di La Bombonera ha fatto il giro del mondo.
Dalle maglie ai guardaroba: il calcio nello streetwear contemporaneo
Nell’ultimo decennio, il revival delle maglie vintage e la creazione di design sempre più arditi hanno alimentato una vera e propria mania collettiva. Il culmine di questo processo lo si è visto con la maglia della Nigeria ai Mondiali 2018, un kit che ha fuso heritage e modernità con risultati sbalorditivi. Presentata con un motivo geometrico zigzag verde fluo ispirato alle divise nigeriane anni ’90, questa jersey firmata Nike ha scatenato un entusiasmo planetario ancor prima del debutto sul campo. Il giorno del lancio nei negozi, milioni di persone hanno provato ad accaparrarsela come fosse una sneaker in edizione limitata: si parla di hype a livelli paragonabili a quelli riservati alle più ambite Air Jordan, con pre-ordini stellari e code fuori dai negozi. Risultato? Sold out immediato – le scorte evaporate in pochi minuti – e maglia rivenduta online a prezzi triplicati sul mercato secondario. Un magazine di moda l’ha definita “una jersey da calcio passata nel tritacarne dell’hype come se fosse una collaborazione di Supreme”, evidenziando come un prodotto calcistico fosse divenuto un fenomeno di streetwear globale. In effetti, la Nigeria 2018 non era più soltanto la casacca dei Super Eagles: era un capo trendy, adottato anche da chi di calcio sapeva poco o nulla ma ne amava il design. Persone comuni, rapper, influencer – tutti volevano indossarla perché rappresentava lo stile del momento. Da allora, le grandi aziende sportive hanno colto la palla al balzo, realizzando maglie sempre più accattivanti e ricche di riferimenti culturali, sapendo che una divisa azzeccata può diventare virale ben oltre il terreno di gioco.
Un calciatore della Nigeria indossa la rivoluzionaria maglia del Mondiale 2018: un kit Nike che ha mescolato nostalgia anni ’90 e grafica contemporanea, divenuto immediatamente un oggetto di culto nello streetwear globale.
Guardando questo percorso – dagli storici kit degli anni ’80 e ’90 fino alle collaborazioni modaiole odierne – si capisce perché alcune maglie siano assurte a oggetti da collezione e simboli di stile. Spesso è una combinazione di fattori: un design unico e riconoscibile, magari legato a una vittoria epica o indossato da un fuoriclasse carismatico; uno sponsor iconico che evoca un’era (basti pensare a Opel sul Milan anni ’90, a Mars sul Napoli di fine ’80, o a Sony sulla Juve ’96); e il potere della nostalgia, che trasforma quelle casacche in reliquie emotive per i tifosi. Col passare del tempo, ciò che era moda passa, ma lo stile resta – e le maglie da calcio più belle hanno stile da vendere. Sono timeless: pezzi di storia sportiva che rivivono continuamente, sulle passerelle come per strada, ribadendo il loro fascino trasversale. Come in un grande rito collettivo, indossare una maglia vintage oggi significa dichiarare la propria appartenenza a qualcosa di più di una squadra: significa abbracciare un’estetica, un ricordo, uno spirito culturale condiviso. Le maglie da calcio, nate per il gioco, sono diventate tele di moda e cultura pop – e continueranno a farci viaggiare con la mente, facendoci sentire parte di una storia che indossiamo sulla pelle.